136 137 Oziando si rigenera Carlo Zauli Rigenerare: generare una seconda volta, o ricostruire le parti danneggiate. Sembra un’azione destinata a comportare fatica, e invece può essere l’ozio il punto da cui partire. Perlomeno, in agricoltura è così. �uando si parla di agricoltura rigenerativa c’è infatti un messaggio implicito rivolto all’essere umano: «Lascia che sia la natura a fare la tua fatica – anche perché il tuo modo di intervenire sa fare danni irrimediabili». È successo infatti che lo sfruttamento delle risorse, in questo caso del suolo e della sua fertilità, abbia portato le persone a correggere gli effetti delle loro impronte… con altre impronte, magari utili nell’immediato, ma insostenibili nel lungo periodo. Un paio di esempi: davanti all’impoverimento dei terreni, l’umanità si è rivolta alla chimica industriale per ridare linfa alle piante, con il risultato che ora la materia organica è merce sempre più rara nel suolo a uso agricolo. Altro esempio: davanti all’esigenza di maggior superficie produttiva, l’essere umano ha risposto estendendo il suo controllo su altra natura incontaminata, e ora che le risorse volgono ai minimi termini si è fatta evidente l’esigenza di un cambio di approccio, di un aumento di ascolto. Dobbiamo iniziare a considerare il punto di vista della natura, visto che ha già le risposte ai problemi che le abbiamo creato. Ecco perché l’agricoltura rigenerativa può partire dall’ozio; da un individuo che, per una volta, inserisce tra le sue mansioni il non-fare. L’agricoltura rigenerativa non ha una data di nascita; anzi, forse è un nome nuovo conferito a un approccio logico e antico, di quando l’essere umano interagiva con la natura rispettandone le esigenze, con la consapevolezza del fatto che senza di lei si fa poca strada e che, in estrema sintesi, l’ultima parola è sempre la sua. Obiettivo di questo approccio è recuperare gli ecosistemi agricoli attraverso il miglioramento della fertilità, la conservazione della biodiversità e il contenimento dell’erosione del terreno. In poche parole: promuovere una produttività a lungo termine. Ciò che determina il radicale cambio di approccio alla disciplina è l’ambizione a ripristinare e custodire le risorse naturali. Attenzione al verbo: “custodire” significa sorvegliare affinché l’oggetto si conservi e si mantenga sempre disponibile. Custodire per produrre tanto, meglio e per sempre: parole da frasario capitalista ma, in questo caso, con la natura tra i soci in affari. �uesta etica si traduce in un’agricoltura che prevede tecniche contemporaneamente votate alla produzione ortofrutticola e al miglioramento dell’areale di coltivazione e vita, con usanze di una volta che ritornano come tecnologie rigenerative. Torniamo all’ozio. Se si può indicare una prima regola che faccia da cappello a tutte le altre, si potrebbe scrivere che l’agricoltore rigenerativo interviene il meno possibile, affinché i processi naturali si intercalino con regolarità. Le azioni che l’agricoltore compie nel ciclo annuale rimangono le stesse, ma in alcuni casi le svolge la natura, in altri cambiano approcci e tecnologie. La fertilizzazione, per esempio, può passare dalla rotazione delle colture con alternanza di varietà vegetali in grado, con le loro specifiche caratteristiche, di rifornire il suolo dei nutrienti consumati dal raccolto precedente. Favorisce la fertilità del terreno anche l’integrare o l’alternare la coltivazione con determinate specie erbacee, pratica che sostiene la biodiversità e può tenere al riparo da piante ed erbe infestanti, altrimenti da estirpare o inibire chimicamente. Rotazione delle colture, mantenimento degli scarti colturali, cover-crops, consociazioni, sovescio; tra gergo del passato e neologismi, questi alcuni termini della fertilizzazione rigenerativa. Anche l’aratura è un procedimento che viene completamente riconsiderato dall’agricoltura rigenerativa. Partiamo dalla logica: il suolo ha una sequenza precisa di livelli, detti orizzonti, ciascuno con le sue proprietà, dall’humus alla roccia madre. Sezionare il suolo in profondità e ribaltarlo non è più una soluzione, sia per l’impoverimento che ne consegue che per la capacità di questa tecnica di liberare nell’aria la CO2 trattenuta dal suolo. Al di là di questo genere di interventi, occorre ora pensare alle strutture del suolo e al modo per ridurne l’erosione; anche in questo caso, la cultura del non-fare deve prendere il sopravvento. Ulteriore capitolo di intervento rigenerativo è dedicato all’acqua, rara e da gestire per limitare l’erosione con un disegno topografico dell’areale di coltivazione che sappia conservarla e distribuirla in modo omogeneo. Fertilità e biodiversità si coltivano guardando anche oltre il campo – anzi, intorno al campo, con la sua area circostante che, ragionandoci opportunamente, può fornire fertilità e protezione garantendo biodiversità, un ambiente difeso e risparmiando in chimica o in altri discutibili interventi dell’essere umano. I paradigmi dell’agricoltura rigenerativa ragionano oltre il singolo terreno agricolo, con una visione di insieme dell’ecosistema ambientale. Per esempio sui pascoli, la cui diffusione è fondamentale per la qualità di un tessuto ecologico capace di regolarsi e migliorare in autonomia. I principi dell’agricoltura rigenerativa prevedono la promozione della semina di cereali vernini direttamente su prati perenni attivi in estate, per aumentare la produzione annua dei pascoli. �ui si inserisce la pratica dell’agroforestazione, sistema che combina nello stesso luogo alberi con colture o bestiame per aumentare le sinergie tra gli animali, che si nutrono di pascolo fresco, e le piante, che beneficiano delle deiezioni animali. Una azione che fa pensare a tanta fatica e che invece si compie da sola è proprio quella della forestazione: riconsegnare alle superfici boschive lo spazio necessario significa assicurarsi il miglior esercito contro l’erosione, la perdita di biodiversità e il dissesto idrogeologico. Le Fattorie Polyface nascono sotto questo segno integrando agricoltura, silvicoltura e pascolo. Non serve dunque fatica, quanto il coraggio di riappropriarsi di una certa logica che si è persa e che, oggi, ha il sapore del rigenerativo.
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