22 23 Sotto i nostri piedi vive un miracolo. Un sottile cuscinetto, tra roccia e aria, da cui dipendono le nostre vite. Sono in pochi a pensarci. Sono in pochi a saperne qualcosa. Provate a chiedere a qualcuno – a chiunque – cos'è il suolo. Io l'ho fatto, di tanto in tanto, e i risultati mi hanno sconcertato. Alcuni dicono che è roccia triturata: questo potrebbe essere vero per il regolite sulla superficie di Marte, ma non per il suolo sul pianeta Terra. Altri ritengono che sia un miscuglio di tutto ciò che cade a terra. Ma la risposta più deprimente che ho ricevuto è stata: «È solo dirt, sporcizia». Negli Stati Uniti il suolo è anche chiamato dirt, e come tale lo si tratta. Ma cos'è il suolo? La sorprendente verità è che nessuno lo sa davvero. Sappiamo che è un ecosistema, uno dei più compositi e abbondanti sulla terra. Nelle medie latitudini il suolo può essere così eterogeneo, e così poco noto, quanto la foresta pluviale amazzonica. Sotto un metro quadrato di terra in condizioni ottimali trovano dimora diverse centinaia di migliaia di piccoli animali, compresi tra altrettante migliaia di specie. Gli scienziati stimano che solo il 10% ne sia finora stato identificato1. Ovunque tu vada, stai camminando su specie ancora sconosciute. Sappiamo anche che, come la barriera corallina, il suolo è una struttura biologica composta dalle creature che lo abitano, senza le quali esso non esisterebbe. Nella sua scala più ridotta, i microrganismi creano cluster di minuscole particelle tenute insieme da un collante a base di carbonio, la cui funzione nel suolo è proprio questa – ragion per cui il suolo collassa quando il contenuto di carbonio si riduce troppo. Da queste minuscole strutture create dai microrganismi, piccoli animali striscianti come acari e collemboli costruiscono cluster più grandi. Da questi cluster più grandi, a loro volta, giganti del suolo come formiche e lombrichi ne creano di ancora più grandi. Il suolo ha dunque scala frattale: ciò significa che è organizzato intorno allo stesso schema di base, a prescindere dall’ingrandimento che se ne fa. Strutture, all'interno di strutture, all'interno di strutture. Ciò aiuta a spiegarne l’eccezionale resilienza di fronte a siccità e inondazioni: se fosse solo sporcizia, sarebbe già stato spazzato via dalla terra. In altre parole, il suolo è come un nido di vespe o una diga di castori: un sistema costruito da creature viventi per garantire la loro stessa sopravvivenza. Ma, a differenza delle strutture più semplici, si trasforma in una sorta di catacomba immensamente intricata, in continua ramificazione, costruita da batteri, piante e animali sotterranei che lavorano insieme in modo inconsapevole. Il suolo si comporta come la polvere in un romanzo di Philip Pullman: si organizza spontaneamente in mondi coerenti. La nostra stessa capacità di nutrirci discende da queste relazioni. Di fatto, le nostre vite dipendono da una caratteristica di cui quasi nessuno ha contezza: le piante possono parlare, e parlano un linguaggio chimico straordinariamente preciso, sofisticato e articolato, investendo ingenti risorse nella gestione delle loro relazioni con gli altri esseri viventi con cui comunicano. Di tutti gli zuccheri che le piante producono attraverso la fotosintesi, tra l'11% e il 40%2 vengono pompati nel suolo. Prima di rilasciarli, ne trasformano alcuni in composti di estrema complessità che non vengono liberati a caso, ma mirati nella stretta porzione di suolo che circonda i peli radicali – una zona che chiamiamo rizosfera – allo scopo di creare e sviluppare connessioni della pianta con i microrganismi circostanti, in particolare con i batteri. Le piante producono tali composti al fine di comunicare non tanto con i batteri in generale, quanto con specie particolari più efficaci3 nel favorire la loro stessa crescita. Il suolo è ricolmo di batteri. Il suo profumo terroso è dato dall'odore delle sostanze che essi stessi producono. Il petricore, l'aroma rilasciato dalla terra secca al suo primo contatto con la pioggia, è largamente dovuto a un ordine di batteri denominati actinomiceti. La ragione per cui nessun suolo ha lo stesso odore è che nessun suolo ha la stessa comunità batterica. Ciascun suolo, per così dire, ha il proprio terroir. I biologi chiamano questi microrganismi cruna dell'ago, attraverso cui i nutrienti presenti nei materiali in decomposizione devono passare, prima di poter essere riciclati dal resto della catena alimentare. Nella maggior parte dei luoghi e per la maggior parte del tempo essi vegetano in uno stato di limbo, in attesa dei messaggi che li risveglieranno. �uando una radice penetra in un cumulo di suolo e rilascia sostanze chimiche e zuccheri di segnalazione, essa innesca un'esplosione di attività. I batteri che rispondono alla sua chiamata consumano il ricco brodo di cui la pianta li nutre e proliferano a una velocità sorprendente, dando vita ad alcune delle comunità microbiche più fitte sulla terra. In un solo grammo di suolo della rizosfera Sotto i nostri piedi George Monbiot
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