Ossigeno #12

34 35 Il suolo che coltiva l’acqua. Conversazione con Lorenzo Costa Federico Tosi «Ho iniziato a studiare il comportamento dell’acqua nel 2015 e a lavorarci dal 2018. Da allora, nei miei 2,5 ettari di terreno ho infiltrato 6 milioni e 200mila litri d’acqua piovana, e oggi conto su 19 bacini di infiltrazione, per una capacità totale di 190mila litri e una rete di canali lunga 250 metri». Toscana. �uattrocento metri sul livello del mare a nord di Siena, località Gaiole in Chianti. Prima di impostare frutteti, orti e seminativi, Lorenzo Costa decide qui di coltivare l’acqua, merce rara in questa era e difficile da trattenere nelle colline scoscese di questo tratto di Appennino. Un’area agricola terrazzata, con cinque chilometri di muri a secco, opera di un uomo che secoli fa cambiava l’orografia collinare integrandosi a essa, senza forzature. È presto detto il perché Lorenzo Costa non abbia voluto ridisegnare il terreno in base alle sue necessità agricole, magari con un bell’invaso e una rete di condutture e pompe, cercando invece di capitalizzare l’acqua piovana destinata a questo spicchio di terra: perché così il suolo è più efficiente, più ricco e splendido da ammirare in tutte le sue differenti espressioni. «Oggi la gestione di fiumi e dei torrenti non c’è più. Non è questione di pulizia degli argini, noi non rispettiamo le fasce ripariali. Ogni fiume ha una fascia ripariale che funge da vasca di espansione in caso di piena. Ma siccome abbiamo arginato i fiumi, è ovvio che questo esonda e allaga. E se quei metri in più glieli togli, lui che deve fare? Il tempo di corrivazione indica quanto impiega una goccia d’acqua ad arrivare all’uscita del bacino idrico, partendo dal suo punto più lontano. Avendo aumentato il taglio dei boschi e ridotto la fascia ripariale, stiamo riducendo il tempo che la goccia d’acqua ci mette ad arrivare al mare. E sono miliardi di gocce… Più aumenta la loro velocità e maggiori sono erosione, dilavamento e danni al suolo». «�uando andiamo a lavorare arando suoli con pendenze superiori al 20%, è ovvio che sono soggetti a erosione. �uando vogliamo aumentare la superficie coltivata con l’aratura, è ovvio che aumentiamo l’erosione. Una volta, i campi erano più piccoli. Si coltivava in modo differente. I campi erano pieni di fasce alberate, siepi, filari di frutteti mischiati di seminativi. Per aumentare la superficie di semina abbiamo eliminato tutti gli alberi, che ora non svolgono più la funzione di gestione dell’acqua piovana. Se togliamo gli alberi al limitare dei campi, riduciamo la capacità del suolo di trattenere l’acqua». «Come ho imparato: per necessità. Il mio è un terreno soggetto a erosione, a compattamento, e per necessità ho dovuto imparare a gestire l’acqua. Col tempo ho imparato a cambiare punto di vista, a ragionare dalla prospettiva dell’acqua. Spesso, in agricoltura, ragioniamo su suolo, resa per metro quadrato, sui micronutrienti… Tutto questo è giusto, ma alla base c’è comunque l’acqua. L’acqua favorisce i processi di crescita, la nutrizione delle piante e l’attività microbica. Senza ragionare sull’acqua, tutto quello su cui ci focalizziamo non funzionerebbe». «In realtà, per me, è stato anche un discorso legato all’usare meno acqua possibile. �uesto mi ha portato a cambiare produzioni: per usare meno acqua ci sono piante che non coltivo. Lattuga: la pianto in primavera, la finisco a giugno e la ripianto a settembre. La lattuga è acqua, e per produrla, con le temperature che abbiamo oggi, dovremmo usare quantitativi di acqua insensati. Preferisco fare così, spiegare il perché e trovare dei sostituti come senapi asiatiche, Mizuna, Mibuna, varietà piccanti… �uest’anno abbiamo iniziato a lavorare a un progetto aziendale che ci porta a creare una misticanza di piante grasse (Sedum acre, Sedum rupestre e altre che stiamo selezionando). Sono piante che resistono al caldo, resistono alla siccità. Bisogna insegnare anche agli chef a cambiare. È un grande lavoro di riappropriazione culturale, che dobbiamo fare come contadini». «Raramente, nei trattati di agricoltura, si trova un capitolo dedicato all’acqua. Viene data per scontata». «L’acqua favorisce tutti quei processi di crescita, di nutrizione delle piante e dell’attività microbica su cui si focalizza l’agricoltura». «Col tempo ho imparato a cambiare punto di vista, a ragionare dalla prospettiva dell’acqua». Tono di voce, scelta dei termini, linearità dei concetti, enfasi… Nel dialogo tra persone ci sono diversi elementi che permettono di valutare la competenza e l’affidabilità del nostro interlocutore. Con Lorenzo Costa si va oltre: la sua conoscenza non te la trasmette, ti ci fa entrare. Con le sue parole condisce di scienza e logica gli assunti da cui è partito e con passione ti guida sulle tecniche individuate, sull’ingegnosità che sin da piccoli sostiene i curiosi. È generoso di condivisione perché sa che il suo esempio è un approccio replicabile, di risultato e armonico nel rapporto essere umano/natura. Laureato in Storia Contemporanea, Lorenzo Costa ha 47 anni, è un tecnico di ricerca all’Università di Siena, un agricoltore, certamente un divulgatore.

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