Ossigeno #12

46 47 Immortalità del modello. Le chinampas azteche, custodi della biodiversità Stefano Santangelo In un mondo nuovo quanto immobile, galleggiando nelle acque dell’Oceano, stava la grande Tlaltecuhtli, creatura mostruosa del Caos. Insoddisfatti della staticità e dell’incompletezza del creato, gli dei Tezcatlipoca and �uetzalcoatl decisero di tramutarsi in serpenti e tirare il corpo di Tlaltecuhtli in direzioni opposte, lacerandolo e lanciandone in basso una parte, che divenne la terra, e in alto un’altra, che divenne il cielo. Dai capelli di Tlaltecuhtli nacquero le piante, dagli occhi le sorgenti, dalla pelle le erbe e i fiori, tutto ciò che servì da allora al sostentamento dell’umanità. Molte generazioni dopo la creazione dell’umanità, come un’eco dell’atto creativo delle divinità primordiali (cos’è l’essere umano, se non un eco sbiadito del divino?), gli abitanti della Valle del Messico crearono le chinampas, generando la terra dall’acqua. I nuovi microcosmi nacquero dal posizionamento di pali di salice lungo un perimetro rettangolare, poi riempito di materiale organico di diversa natura e in più strati. La piantumazione di alberi lungo il perimetro creava una rete naturale di rinforzo e l’illusione di zattere galleggianti spinte da vele, come piccole flotte pronte a salpare, all’àncora lungo le coste dei laghi. Camminando sul terreno del mito, fu quindi dalle diverse parti del corpo di Tlaltecuhtli che le popolazioni mesoamericane che precedettero l’arrivo del popolo azteco nella terra dei cinque laghi ricavarono queste isole fertili, le quali si nutrivano della materia palustre per poi, a loro volta, nutrire l’essere umano. Poi vennero i Mexica-Aztechi. Arrivarono dopo un lungo viaggio, un esodo alla ricerca di una Terra Promessa più liquida che solida che era stata loro indicata da Tlaloc, dio dell'acqua e della terra. Lì si stabilirono, in un regno non loro e in declino, sull’isola al centro del lago Texcoco che sarebbe diventata Tenochtitlan, la capitale di un enorme e fiorente impero che affondava metaforicamente le proprie fondamenta nel sistema di coltivazione delle chinampas. All’arrivo degli Spagnoli esse erano locate sui laghi Xochimilco, Chalco, intorno all’isola sulla quale sorgeva Tenochtitlan e in minima parte nei laghi Zumpango, Xaltocan e Texcoco, dove si producevano le principali coltivazioni alimentari dell’Impero. Essendo prettamente un mondo liquido, quello dei cinque laghi che componeva la Valle del Messico, la creazione e moltiplicazione delle chinampas permetteva il sostentamento alimentare a una città di duecentocinquantamila abitanti. Se la Terra Promessa era quindi essenzialmente liquida, come figli di un diluvio, i Mexica-Aztechi veneravano il suolo delle loro chinampas con il rispetto dovuto a una madre, e a una divinità, i cui appellativi si raccolgono in un rosario pagano: Monantzin (Vostra Madre), Tonan (Nostra Madre), Teteoinnan (la Madre degli Dei), Toci (Vostra Nonna), Tlalli Yiollo (Cuore della Terra), Madre del Mais, Principessa Terra. Riferisce il Tratado de los dioses y ritos de la gentilidad che, al momento di lavorarla, i contadini porgevano innanzitutto la loro orazione alla terra, riconoscendola come loro madre, rivelandole poi che intendevano dischiuderla per potervi porre l’aratro1. Così, il rispetto e la cura del suolo portarono sostentamento alimentare e permisero all’Impero azteco di espandersi e prosperare sino a raggiungere lo zenith evolutivo nel XVI secolo, quando da Oriente, come affermavano le profezie, tornò il dio �uetzalcoatl incarnato nella persona di Hernán Cortés, che con i suoi uomini avrebbe poi trucidato il popolo mexica e decretato la fine di Tenochtitlan e delle chinampas. I cinque laghi vennero gradualmente drenati e i giardini galleggianti lastricati per costruire Città del Messico. Prima della morte della civiltà azteca, e della quasi totale estinzione sia dei suoi metodi produttivi che della sua profonda conoscenza della natura della terra, il primo antropologo della storia, il missionario Bernardino de Sahagún, riuscì a salvare il ricco vocabolario dei locali in uso per definire il suolo: tlalli, per indicare la terra, divenne così il suffisso da cui derivarono le descrizioni delle quarantacinque varietà di suolo – tra cui tetlalli, non adatto alla coltivazione perché pietroso; xalalli, suolo sabbioso e scarsamente produttivo; tollalli, quello fertile perché contenente i resti decomposti delle canne di palude; tlal-coztli, il suolo molto fertile e giallo nel colore; toctli, la terra naturalmente fertile; atoctli, il terreno inondato dall’acqua e da essa fertilizzato e reso utile per la coltivazione. Oggi, solo una frazione dei giardini galleggianti sopravvive a Xochimilco, circondata dall’urbanizzazione densa e selvaggia di Città del Messico, metropoli che è la reincarnazione di Tenochtitlan. Alcune chinampas sono state fuse, rompendo l’equilibrio perfetto e interrompendo il sistema di canali maggiori e minori che costituiva il disegno originale, ma per il resto a Xochimilco si coltiva come quando sull’altopiano arrivarono gli Europei, e i Mexica prima di loro. 1 Pedro Ponce, Breve relación de los dioses y ritos de la gentilidad, 1892 (orig. 1610?), Imprenta del Museo Nacional, México: «Primero hazen su oraçion a la tierra, diziendole que es su madre, y que la quieren abrir y ponerle el arado».

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