Ossigeno

116 117 l’emerodromo e l’arte di correre. intervista a stefano baldini #under pressure a cura di Federico Tosi Dall’unione dei termini greci ἡμέρα [pr. hēméra , tr. ‘giorno’] e δρόμος [pr. drómos , tr. ‘colui che corre’], nell’antica Grecia l’emerodromo era il messaggero addestrato a percorrere lunghe distanze in poco tempo e in autonomia, allo scopo di consegnare messaggi importanti da una città all’altra. L’emerodromo per eccellenza è Filippide, soldato ed eroe ateniese del V secolo avanti Cristo, con la leggenda che lo vide correre dalla piana di Maratona ad Atene [42,195 km] per comunicare la vittoria della polis contro l’esercito persiano. Era il 490 a.C. e, dalle cronache di Plutarco e Luciano di Samosata, l’impresa di Filippide è diventata uno dei simboli dello sport per eccellenza: la maratona, specialità regina di ogni Olimpiade moderna, evocazione di fatica e stoicismo, esempio degli sforzi e dei valori della pratica sportiva. �uesta storia, in questo racconto, si incrocia con gli antichi Romani e il significato che i latini davano al termine fortuna, intesa come ‘sorte’ e non come evento premiale legato alla casualità. �uesto per dire che la fortuna può anche essere vista come una ruota che gira, ma sta all’uomo farsi trovare pronto nei tempi e nelle capacità per saltarci sopra. La fortuna, come l’avrebbero definita i latini, nel 2004 il maratoneta Stefano Baldini se l’è andata a prendere da solo, conquistando l’oro olimpico proprio ad Atene. La sorte se l’è costruita lui, mentre la buona sorte è arrivata indicando in quell’edizione dei Giochi il suo traguardo da vincitore. Baldini nel 2004 non ha vinto una maratona olimpica, già di per sé risultato epico, ma ha conquistato La Maratona , quella originale, correndo in 2 ore e 10 minuti i 42,195 chilometri che uniscono la città di Maratona con lo Stadio Panathinaiko di Atene. Baldini ha vinto la maratona nella terra in cui sono nati i giochi olimpici, lungo il tragitto che prima di lui aveva percorso Filippide. Nelle metafore della vita, le maratone possono essere come gli esami. Ognuno affronta gli ostacoli in base ai propri percorsi. Stefano Baldini qui ci insegna a correre, ma superando i verbi e la terminologia propri di questo argomento, l’insegnamento di spirito che ne esce è universale. �ui si applica alla corsa, ma motivazione e pratica sono elementi comuni di ogni successo, di ogni equilibrio. �ual è la storia del corridore Stefano Baldini? Da quale sua caratteristica o impulso ha capito che quella era la strada? Nasce tutto dalla famiglia, da tre fratelli più grandi che iniziano prima di te a fare atletica e si cimentano anche nelle corse su strada di paese che fanno esplodere il fenomeno del running in Italia negli anni ‘80. Ero il più piccolo e il più gracile, ma anche il più leggero e il più veloce. Amavo questa sensazione di libertà che la corsa ti regala – oltre al piacere di gareggiare, che sempre e di gran lunga ha superato quello di allenarsi, anche quando il livello si è elevato fino a quello mondiale. Correre è diventato davvero un modo di esprimermi e di crescere nel mondo, attraverso i viaggi, le gare, gli avversari e i compagni di allenamento e avventura. Inquadriamo il corridore. Ora che l’attenzione al proprio fisico e al proprio benessere è divenuta cultura diffusa, si ha come l’impressione che chi corre non cambi solo di fisico ma anche di testa. Che caratteristiche ci sono dietro una persona che sceglie questa attività fisica? C’è la voglia di misurarti con te stesso, prima ancora che contro un avversario. Il fatto di non poter disporre di un mezzo se non il proprio corpo ti insegna rapidamente, a qualsiasi età o capacità di prestazione, a riconoscere sensazioni, segnali e a gestire le forze. C’è veramente una connessione mente/corpo che nessun altro sport rende così profonda. Correre è lo sport più democratico e accessibile che ci sia. Da che cosa dobbiamo disintossicarci per iniziare a correre? Dalla paura di fare brutte figure, del vergognarci di quanto siamo scarsi all’inizio, perché il tutto sarà compensato dalla soddisfazione dei piccoli traguardi iniziali e del conoscere tante persone che, come te, hanno deciso di passare un po’ più tempo in posizione eretta, invece di stare perennemente seduti. Partiamo dalle basi: postura e concentrazione, prima parliamo del corpo e dopo della mente. Insomma, come si corre? In linea generale, l’assetto di corsa prevede una postura in posizione eretta, con spalle perpendicolari rispetto al bacino e all’appoggio del piede. Le spalle devono essere rilassate, l’angolo al gomito di 90 gradi e le mani non completamente chiuse a pugno – per mantenere i muscoli del braccio, a loro volta, rilassati. L’appoggio del piede è condizionato dalla velocità che riusciamo a raggiungere. Se, camminando, tendiamo a prendere terreno spingendo avanti il tallone per completare il passo con una rullata sulla pianta e sulla punta del piede, più velocemente corriamo e più l’appoggio deve essere di tutta pianta , con spinta finale del passo sulla punta. Ricordiamo che ogni volta che appoggiamo il tallone tenderemo a frenare la nostra velocità, costretti poi a spendere energie per ripartire. Parliamo di velocità dai 15 km/h in su, di atleti già evoluti. �uindi sarà normale, soprattutto all’inizio, appoggiare il tacco per primo a terra. �ual è un errore classico che nota negli altri, con gli occhi ‘viziati’ dalla sua professione/passione? Volere tutto subito, quindi esagerare, investendo nei primi allenamenti tuttoquello che non abbiamo fatto per anni. La gradualità, a ogni livello, permette al runner di coltivare la pazienza dei piccoli miglioramenti che regalano passione e voglia di muoversi regolarmente. Un altro errore classico è nella scelta della scarpa che, soprattutto all’inizio, deve essere consigliata da un esperto. Per questo motivo consiglio di recarsi in un negozio specializzato, ormai ovunque attrezzato di semplici strumenti tecnologici per verificare appoggio e suggerire la scarpa giusta per ognuno. u n d e r p r e s s u r e u n d e r p r e s s u r e

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