Ossigeno

150 i s e n s i e l a c i t t à Non ditelo troppo in giro, ma uno dei posti dove viene davvero voglia di allungare le mani sono chiese e musei. L'Archeologico, per esempio. Chi non darebbe una palpatina alle natiche perfette della Venere Callipigia, o non sfiorerebbe i corpi dolci e nervosi dei Corridori di Villa dei Papiri? Non vorreste, sotto sotto, baciare e acca- rezzare i bellissimi Antinoo, Eros o Dioniso? �ui le pietre cariche di secoli sono carne, materia viva, come sa bene il grande fotografo Mimmo Jodice, che ha resuscitato il passato remoto in una serie di memorabili scatti. Perché nelle statue di ieri ci sono i volti dei napoletani di oggi, quelli che si pigiano nei mezzi affollati, ti stanno addosso nel votta-votta dei mercati e dello struscio , ti lanciano il pallone mentre giocano per strada. Scontro e contatto continuo di corpi, sguardi e atteggiamenti, rivelatori di una verità meticcia che neppure le mode del momento riescono ad estirpare. �ual è, allora, il corpo di Napoli? �uello muto e solenne del Nilo nell'omonimo Largo, o le facce ancora antiche dei suoi abitanti? Sono forse i corpicini di fil di ferro e stoppa dei pastori per il presepe , da montare, abbigliare, mettere in posa? Forse è il corpo morto del Cristo Velato , che sotto le liquide increspature del sudario mirabil- mente scolpito da Sammartino giace abbandonato in un ultimo spasmo, pericolosamente sensuale? Cappella Sansevero , tempio della Virtù, soprattutto quella della mano dell'uomo che impugna scalpello e mazzuola e toglie, leviga, definisce, facendo del marmo rete, lapide spezzata, vestimento sottile. Di cappella in cappella, a San Giovanni a Carbonara i Caracciolo di Vico, scolpiti a grandezza naturale, sono ad altezza uomo. Possiamo guardarli negli occhi: quanta albagia! Fanno a gara con Re Ladislao che, in cima alla sua tomba, sfida baldanzoso la morte sguainando la spada. Nel campionato del presbiterio più spettacolare, il derby cittadino si gioca tra questo e Santa Maria alla Sanità: doppia rampa a tenaglia, altare maggiore pra- ticamente sospeso nel cielo. Scale, ancora scale. Per aggrapparsi a eleganti corrimano o raffreddare i palmi su balaustre sontuose: Palazzo Reale, Palazzo dello Spagnuolo, Palazzo Sanfelice, Palazzo Albertini di Cimitile, Palazzo Mannajuolo. E poi i pori del tufo e del piperno, che ti restituiscono il calore assorbito durante il giorno mentre ci sei seduto sopra, a ungerti e sporcarti di cuoppi fritti, trippa, ‘ o pere e ' o musso , pizze e pizzette. �uanta roba, qui, si man- gia con le mani! Equanto si comunica, pure, con le mani. Il gesto accompagna la voce o la sostituisce del tutto, in una mimica ricchissima, elevata ad arte e linguaggio. Perché spesso le parole non servono. Capisce a mme . ‘a trappàta

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